Il contrapposto sconcerto del vivere

Biografia:

Sandro Orlandi è nato nel 1951 a Roma. Medico ospedaliero, è autore di brani musicali che hanno conseguito diversi premi e riconoscimenti. Alcune delle sue canzoni sono state incise su cd. Ha scritto anche poesie, racconti e romanzi, conseguendo premi e segnalazioni. Le sue opere sono  state apprezzate dal pubblico e dalla critica.


Ha pubblicato Le api di Paulette (Ed. Il filo ’08) L’odore del pane (Ed. Montag ’10) Una rossa rosa bianca (Ed. Robin ’10 – Premio Giovane Holden Lucca) Soffi di vita (Ed. Progetto cultura ’11) La chiave del cielo d. Gds ’12) Soli diversi (Ed. Gds ’13) Il popolo delle stelle (Ed. Antipodes ’14) I.V.G. (Ed. Antipodes ’14) Calma di vento (Ed Antipodes ’15).

Contatta Sandro Orlandi

Commento critico:

L'improbabile margherita bianca di Orlandi è il risultato dei sette colori dell'arcobaleno sul disco di cartoncino rigido che mi fecero realizzare in quinta elementare quando dovetti studiare il fenomeno scientifico della luce. Quando il disco ruota, anziché i colori, l'occhio vede bianco. Ergo: la luce bianca è composta di sette colori.
Il cromatismo di Sandro chiuso nel fiore più umile, sprigiona la stessa vita percepita quasi solo come corpo ora assorbendo, ora respingendone tutti gli atti fino all'ultimo nel conteggio crudele della fine, nella lotta impari con l'anima "ingentilita" non per questo salva dalla barbarie del tempo che tutto divora (quando l'affanno confonde il pensiero).
Orlandi dice, indugiando in un ritmo diluito e allungato: in fondo, per quanto rabbiose, le onde impiegano il "loro" tempo per battere sugli scogli, così come  malattia e vecchiaia vessano in solitudine e specchio di te un Argo fedele di omerica memoria.
Orlandi visita la sofferenza  come algos ( dal greco, radice che sottende a una sensazione e quindi attiva) e come dolor ( dal latino doleo con un'incisività maggiore nella passività di chi riceve la grande ferita dell'autunno che ti prende per mano.
Ciò basti a universalizzare il suo atto poetico scandito nel tormento che nasce e muore con l'uomo.
(Commento di Cristina Raddavero)

 

Di Sandro Orlandi non so nulla tranne le poche righe biografiche che ha inviato. Leggo che è un medico ospedaliero e questa sua professione, forse, ha influenzato più del dovuto la mia lettura. Mi sono improvvisamente rivisto con le stesse emozioni e le stesse immaginazioni con cui vivevo le pagine di "Per le Antiche Scale" di Mario Tobino. Intorno a me scorrevano i camici bianchi dei medici, il dolore dei pazienti, la vita che scorre attraverso lo sguardo di chi ti sta dinnanzi e cerca aiuto, invoca soccorso, allarga le braccia per lo sconforto e, talvolta, piange con la propria anima al tramonto.
            Ecco, mi sono detto,  questo è il mestiere di medico;  talvolta, da qui, da questi percorsi si frammischia arte e vita e le altrui esperienze rinvigoriscono in un tessuto in bilico tra coscienza e ispirazione artistica. Non potrebbe essere altrimenti leggendo l'intensità dei versi di "É mio figlio", dove lo sguardo si dipana e si allarga sui confini del mistero e dove le ansie che si agitano nei meandri di ogni essere umano restano, inesorabilmente, senza alcuna risposta. E senza alcuna risposta ci si abbandona sotto un sole infuocato, tormentati dal ronzìo delle mosche, ricordando a stento il luogo in cui si è nati.
            Poi ci si aggira fra i reparti e si incontra il vecchio cacciatore; il ricordo delle vigorose avventure nei boschi si è appannato, il fucile è stato accantonato, le mani tremano sul grilletto e rinunciano a sparare; è rimasta solo la fedeltà del cane, unica presenza di consolazione sull' ultima soglia di solitudine.
            Eppure fioriranno ancora le margherite; fioriranno anche sotto la furia del maestrale, tra le schiumose rocce spazzate dalle onde del mare, in un perpetuo divenire dell'esistenza come un' eterna sinopsi che genera fuggevoli scorci d'incanto e poesia.

(Pier Luigi Coda)

LA SILLOGE

"A CACCIA"

Quando il sentiero di autunno vestito
Ti prende per mano, ti trascina in salita
Quando l’affanno confonde il pensiero
E quello del tempo sembra più veritiero
Quando il tuo cane ti guarda perplesso
Aspettando paziente la tua ombra di passo
Quando scovata la preda, puntato il fucile
Rinunci a sparare perché in fondo è da vile
Madre Natura ti prende per figlio
Ti stringe amorevole tra le sue braccia
Come ogni madre assiste e consola
Capisce che in fondo è giunta la tua ora
Ci sei tu con te stesso, sei tu soltanto
Tutto il resto è il tuo cane che fedele ti è accanto.
Non spaventarti  sentendo la fine
Serra i tuoi occhi e lascia il fucile
Puoi finalmente arrivare a capire,
Fragile uomo di vecchiaia malato,
Il senso di tutto, il sapore della vita
Ora che annaspi, che preghi, che tremi
Ora che sai che è proprio finita.

 

“È MIO FIGLIO!”

Sotto questo sole infuocato
Con le mosche che mi tormentano
E a cui ormai neanche bado
Con gli occhi semichiusi
Per la debolezza a cui sono abituata
Ricordo a stento il luogo 
In cui sono nata.
Io non so,
Non sono in grado di capire
Non riesco a pensare,
Ma la fame la sento,
Quel dolore sordo e senza tregua,
Che mi stringe la pancia
Che mi segue sempre
Ovunque io vada.
La pena per questo  bambino
Il dolore che provo,
Lo strazio che vivo a vederlo soffrire
Quando si attacca al mio seno
Secco di latte
E a vederlo morire,
È il peggiore di tutti,
Qualcosa che, credo, scusate,
Voi non potrete mai capire.
È l’unico tormento che vorrei non avere,
È mio figlio, un figlio della Terra
Mio figlio, non il vostro, che ho in braccio
E disperatamente, senza più forze,
Mi chiedo perché
Cos’ha fatto di male,
Perché non deve sorridere felice
Quando con amore lo abbraccio
.

 

“LA MARGHERITA”

Infuria inarrestabile il maestrale
Violentando quiete e sonnolente spiagge estive.
Spumeggiano rabbiose le onde
Battendo scogli erosi dal tempo
Estremi baluardi a difesa dell’umano.
Il mare reso pazzo dal vento
Come orso ferito assale
Urla e sommerge
Spazza e riporta
Svuota e riempie
Ma in quella furia devastante
Cresce e resiste tra due massi
Una improbabile margherita bianca
Ingentilendo l’animo mio
Rasserenandolo
Ed abbellendo gli scogli
Che la proteggono con amore.

 

 

Torna a Homepage