Aleksandr Aleksandrovič Bestùžev -Marlinskij
Tre racconti di Livonia
(Solfanelli Editore- Chieti)

Versione italiana a cura di
Alfredo Bertollo & Pier Luigi Coda

I GIUDIZI DELLA CRITICA

 

Ho letto con grande piacere il libro "Tre racconti di Livonia" (Ed.Solfanelli di Chieti) del bravo autore russo A.A. Bestùžev (Marlinskij) che prima non conoscevo.
Ho molto apprezzato la trama dei racconti e gli straordinari innumerevoli riferimenti alla letteratura romantica. Questi racconti mi hanno tenuto compagnia per molte sere e le immagini di amori impossibili, di grandi ideali e di cruente battaglie hanno qualche volta popolato i miei sogni. Sì, è un libro che induce a sognare e a fantasticare. Questo è certamente merito degli impeccabili traduttore e curatore. Non si tratta solo, secondo me, di una redazione formalmente ben fatta: ci ho sentito dentro la passione. Tanta passione e fatica, sicuramente, per rendere un testo complesso per il suo linguaggio non comune, non contemporaneo ed estremamente ricco di dettagli e di particolari, (penso, ad esempio, alla descrizione di paramenti, ornamenti, stoffe e tessuti). La lettura è stata per me come un dono e penso che molti altri lettori potranno goderne.
Rita Romani - Bologna -27 dicembre 2013

PRESENTAZIONE DEL LIBRO “TRE RACCONTI DI LIVONIA” DI ALEKSANDR ALEKSANROVIČ BESTÙŽEV

RELAZIONE DI RAFFAELLA SAPONARO MONTI-BRAGADIN


Domenica 27 ottobre l’Associazione La Corallina, rappresentata dal governatore Alfredo Bertollo, in collaborazione con lo Spazio Aperto di Via dell’Arco, rappresentato dal vicepresidente, Giovanni Galvani, in Santa Margherita Ligure, alle ore 16,00, ha presentato, davanti a un folto pubblico, il libro Tre racconti di Livonia dell’autore russo Aleksandr Aleksandrovič Bestùžev, per la traduzione di  Alfredo Bertollo, con introduzione e versione letteraria di Pier luigi Coda, pubblicato dall’Editore Solfanelli, Chieti. Alla manifestazione era presente il Console della Federazione Russa, il quale ha partecipato attivamente all’incontro. Alla conclusione ha rivolto cortesi parole nei confronti di chi ha contribuito a far conoscere significativi autori della Letteratura Russa.
Le letture dei brani sono state egregiamente condotte dall’attore-dicitore Mario Peccerini.
Dopo il pensiero  rivolto al Prof. Roberto Sinigaglia dell’Università di Genova e nuovo Direttore del Centro Internazionale di Studi Italiani, con l’augurio di poterlo incontrare in una prossima occasione, è stata vivacemente delineata la forte  personalità dell’Autore. Assai noto e stimato dai contemporanei, Bestùžev venne a torto dimenticato dalla letteratura che seguì. Nacque nel 1797 a San Pietroburgo, due anni prima dell’amico Puškin, il quale ebbe il merito di avere dato una svolta alla letteratura russa sia come significato sia come stile. All’epoca si risentiva, perfino in una società tradizionale e conservatrice come quella russa, della ventata rivoluzionaria francese che aveva introdotto in Europa (ed oltre) le idee di libertà, fraternità, uguaglianza, creando pensieri allarmanti nei regimi  assolutisti. Queste si tradurranno in una serie di riflessioni che connoteranno le opere dei maggiori scrittori dell’Europa e della Russia, nella quale  furono  portavoce Puskin, Lermontov, Gončarov, Gogol', Turgeniev, lo stesso Bestùžev, ad esempio. Quest’ultimo sembrava avviato a una brillante carriera militare come accadeva a tutti i giovani promettenti dell’aristocrazia russa; proveniva da una facoltosa famiglia di antico lignaggio, della quale era un tipico esemplare:  bello, alto, prestante, raffinato, intelligente, era ricercato nei salotti e dalle donne per la conversazione brillante, sempre pronto alle battute più esilaranti, ai riferimenti culturali. Spiccava fra molti; dava lustro a ogni luogo d’incontro per le origini, per l’abilità dialettica, per l’eleganza. La propensione a dire la propria veniva avvertita con urgenza da molti negli anni problematici della sua giovinezza.  Era inevitabile che anche Bestùžev risentisse dell’ondata di novità, del periodo storico inquieto che stava modificando la cultura non solo del continente europeo, ma anche di altri continenti oltre oceano. Ideali, modo di esprimersi del periodo romantico acquisiranno voce attraverso le opere  dei poeti e degli scrittori in un ambito di forte respiro internazionale: Shelley, Byron, Keats  coinvolgeranno, con i loro versi, associati a una vita spericolata, colma di passioni, di avventure e di trasgressioni, il focoso temperamento del giovane, appassionato e ribelle. Desideroso di far conoscere la propria opinione, fondò con Ryleev una rivista letteraria, “La Stella Polare”, cui collaborò lo stesso Puškin. Irrequieto, ansioso di conseguire la libertà cui tanti ambivano, libertà che il governo  zarista  poco consentiva, partecipò al moto decabrista del dicembre 1825: proprio l’ anno fatidico in cui lo zar Nicola I° ricevette il trono dal fratello vivente Costantino, che avrebbe dovuto occuparlo; fallita il 24 dicembre dello stesso anno tale sollevazione , egli fu condannato all’esilio in Siberia, mentre l’amico poeta Ryleev subì la drammatica sorte di essere destinato al patibolo. Quest’ultimo lasciò un notevole corpo di liriche nonché di canti civili, pur essendo scomparso precocemente. Perfino i fratelli di Bestùžev ebbero una pena più grave della sua. Dopo un po’, come racconta efficacemente Pier Luigi Coda nella bella ed esauriente prefazione, si rivolse con una lettera accorata allo zar Nicola, professando il desiderio di essere inviato a combattere come soldato semplice, mettendosi completamente a sua disposizione: qualunque cosa, pur di uscire da quello stagnante immobilismo. Verrà inviato nel Caucaso, dove non risparmierà le forze durante gli scontri con ineguagliabile temerarietà, fronteggiando le popolazioni locali. La morte inaspettata di Puskin, amico da tanto tempo, per un iniquo destino, il 29 gennaio 1837 durante un duello    con      Georges    D’Anthès (notizia che lo raggiunse a Tilsit)  lo ferì nel profondo dell’ animo infuocato.  Risuona una premonizione che il Poeta Vate della Russia espresse nel racconto “Il Principe  Oleg”: con tutta la cura di evitare pericoli e contrattempi, nessuno può sfuggire alla propria sorte, neppure volendo. La narrazione di Puskin, avvolta da un’ allure di gloria, sembra appartenere a un mondo fantastico: Oleg (879-912), invece, parente del leggendario Rjurik (862-879), divenuto principe di Novgorod (che spinse il suo dominio fino al lago Il’men’ e al fiume Volkhov), pare abbia consolidato tale potere; anzi, partendo dal Nord, marciò verso Sud ampliando la propria area. La tradizione suggerisce che Oleg abbia unificato i due stati in uno unico. Bestùževscrisse per il Poeta amico  “In memoria di Puškin”: sebbene lo zar Nicola si fosse, a dir poco, inquietato, egli non poté tacere il proprio dolore. In un duro scontro contro i Circassi, come gli aveva fatto presagire la tristezza che era oramai divenuta compagna dei suoi giorni, morirà sull’impervio Caucaso. Era il 19 giugno 1837. Il corpo non verrà mai ritrovato, contribuendo ad ammantare di mistero la sua fama.  
Carattere complesso, era sensibilissimo; aveva repentini mutamenti d’umore, era permaloso e umbratile, tutti aspetti della personalità che favorivano frequenti momenti in cui si chiudeva in se stesso, appartato e malinconico, se non addirittura depresso. Talvolta, invece, agiva impulsivamente, con passionalità sfrenata, viscerale. Svariate creazioni rispecchiano l’alternarsi di emozioni e stati d’animo che scandirono la sua esistenza. Per tali tipicità di carattere fu soprannominato Marlinskij, “L’oscuro”, pseudonimo con cui firmava le sue opere. Tumultuoso nelle gesta come nell’animo, eccessive le passioni, pur mantenendo la razionalità nella valutazione degli eventi, i tre “Racconti di Livonia”, “Roman e Ol’ga” (romanzo breve d’altri tempi), “Un terribile sortilegio”, “Il corazziere”, perfino nella traduzione mantengono intatti i requisiti di uno scrittore vigoroso che, con penna felice, è riuscito a trasferire sul foglio quanto i turbamenti acutissimi gli andavano suggerendo, secondo i canoni del periodo romantico. Nei racconti non semplici, ma sofisticati nella conduzione, si intuisce la mentalità  dei vari ambienti, si segue un percorso storico in differenti periodi, a partire dall’anno 1396-1398 di “Roman e Ol’ga” fino al noto 1812, anno fatale della spedizione francese fino a Mosca, de “Il corazziere”. Le descrizioni con le quali egli gratifica il lettore, i paragoni con piante, animali, habitat  di cui si avvale, hanno di frequente il tocco della poesia; si percepisce come egli sia propenso a quest’arte dal timbro espositivo verso il quale è portato. Vi è, infatti, “un parlar poetico” che scaturisce dall’intimo, indipendentemente da ciò che viene esposto.
Le descrizioni d’ambiente, in cui egli coglie particolari con originale lirismo, l’osservazione della natura nello sfolgorio dei colori, l’ascolto dell’allodola all’alba, creano un’atmosfera inimitabile, idilliaca. Le percezioni sensoriali sono acutissime: leggendo questa come le altre narrazioni, sembra di avvertire il profumo dei fiori, di sostare sotto un melo in autunno, di ascoltare il canto di un usignolo, di osservare le tinte del cielo chiaro e terso oppure plumbeo, secondo i casi.  Talvolta il fragore delle armi travolge la fantasia, facendo immedesimare nelle parole. Interessante, seppur intricata, la parte storica in cui vengono innestati i personaggi. Nel caso di “Roman e Ol’ga”, la loro intensa e sincera storia d’amore, viene inserita nella guerra fra Novgorod (fin dall’antico, aveva assunto il ruolo di  emporio fra l’Oriente e il mondo nordico, in cui era proliferato un ceto di banchieri e commercianti tanto da rafforzare la vece=assemblea  a scapito del Principe, che aveva assunto funzioni di mera rappresentanza) e il Principato di Mosca, sotto Vasilij I° (1389-1425). Bestùzev illustra con esperta consapevolezza il contesto e i costumi di una famiglia facoltosa; il padre, Simeon Voeslav, aveva il potere e il diritto di decidere la sorte dei figli, perfino contrastando i  sentimenti personali nelle scelte coniugali. “Mio fratello si è arrabbiato ma si calmerà, penso. L’amore di una ragazza è un ghiaccio primaverile: piangerà un po’, avrà nostalgia…ma infine un altro fidanzato asciugherà le sue lacrime con la manica della sua pelliccia”.
Tali le parole del padre di Ol’ga, Simeon, al proprio fratello Jurij: tale era la mentalità dei genitori nei confronti delle figlie femmine, che dovevano far tacere i propri slanci per obbedire a scelte familiari ispirate al censo, allo status del futuro consorte che sarebbe dovuto essere adeguato per origini, prestigio, solidità economica. Risponderà, infatti, al più moderno e consapevole fratello Jurij, amico di Roman, del quale la giovane era innamorata, per rendere meglio il concetto:” Lei possiede delle navi, lui delle cicogne in cielo”. Una persona non vale un’altra, invece, sia quel che sia. L’amore di Roman e Ol’ga, pur svolgendosi alla fine del 1.300, risulterà indissolubile e a prova di qualunque tempesta: tale sentimento risente dell’idea del romanticismo, tanto più che tale amore non verrà nascosto, ma palesato a chiare lettere.
“In quei tempi la brava gente non si vergognava delle proprie lacrime nascondendo il cuore sotto un sorriso affabile: non vi era alcuna finzione. Jurij Voeslav piangeva assieme a Roman e la sua nobile anima lo consolava come la rugiada”.
Le vicende corrono con grande vivacità, aiutate da uno stile vario come le situazioni: la sofferenza, l’attesa, la guerra, le speranze tradite, il pericolo, la gratitudine, l’ansia, la lieta conclusione hanno un ritmo incalzante; il registro linguistico muta  secondo gli avvenimenti, preannunciandone abilmente la gravità o la gioia. Dopo l’esperienza della prigione più tetra, poi della fuga, dell’evasone, la tensione si scioglierà alla fine. Ramon, durante una strenua battaglia, salverà Simeon, il quale gli dimostrerà la gratitudine, oltre all’affetto per Ol’ga, con il consenso ai due giovani di unirsi in matrimonio.
Un innamoramento sfrenato è al centro della seconda narrazione: “Un terribile sortilegio”, vicenda la quale sembra aver riguardato l’Autore in persona, follemente preso dal fascino di Polina (da lei ricambiato), donna aggraziata, dolcissima, però maritata con il prepotente e prestigioso principe L’vinskij.
“L’ardore della mia passione scorreva come lava; attirava e bruciava ciò che incontrava; distruggendosi da sola, riduceva in cenere gli ostacoli; anche in un solo momento trasformava in una caldaia bollente perfino il gelo del mare”.
L’intensità dei sentimenti raggiunge un apice addirittura sconvolgente. Tale doveva essere il temperamento iperemotivo dell’Autore: senza mezzi termini. Muta radicalmente il paesaggio, muta la stagione. Il tempo glaciale è quello che precede il Natale, con i rigori della Russia: ghiaccio, neve, vie impraticabili per la troika trainata da cavalli, che condurrà il protagonista. Le raffigurazioni dell’accecante,  diffuso biancore affascinano, permettono di vivere l’atmosfera dei luoghi al di fuori dello spazio e del tempo. Le abetaie adorne di brina, i boschi carichi di una candida coltre compatta e spessa, i laghi deserti e immoti per le gelate costituiscono immagini da non dimenticare. Tanto gelido l’habitat quanto bruciante il fuoco della passione. Il viaggio del protagonista, per incontrare la deliziosa Polina durante un ballo  organizzato dal facoltoso marito  (viaggio determinante a chiarire aspirazioni e dichiarare emozioni) fu irto di peripezie: l’incauto postiglione, intrepido al limite dell’incoscienza nello spingere i tre esausti cavalli ansanti fino allo stremo delle forze, smarrì la direzione nel buio della notte, in mezzo alle dune di neve alternate al una distesa luminescente, tutta uguale.  Si ruppe il portastanghe: fu giocoforza fermarsi, al suono delle parole del conducente che, fra una superstizione e un presagio nefasto, non sollecitava alla speranza. La sosta obbligata sarà motivo, per l’Autore, di confronto fra l’esistenza dell’aristocrazia e quella dell’ambiente agricolo; palazzi e campagne; due ceti lontani nelle tradizioni come nei costumi. Saprà comunicare tutto questo descrivendo i cibi, le credenze, le piccole e grandi ipocrisie, gli abiti di donne e uomini dell’isba, nella quale dovrà, suo malgrado sostare, per essere coinvolto… in “un terribile sortilegio”, che gli permetterà di capire...cosa gli sarebbe potuto accadere.
Amore, morte, sortilegio:  secondo una delle tradizioni romantiche, il testo fa riferimento all’esoterismo in termini crudi e vigorosi, esposti attraverso le allusioni brutali delle persone del mondo rurale, accompagnate da una gestualità simbolica, da ancestrali paure. Figure misteriose interverranno all’improvviso creando un climax di tensione estrema con uno stile magistrale. La narrazione, che ricorda anche la letteratura cimiteriale e ossianica, è stata condotta scientemente per immergere il lettore in una dimensione torbida, atemporale fino a diventare terrorizzante, alla magica luce della luna. Dopo tale angosciante…sogno, il Protagonista prenderà la decisione più saggia da seguire per Polina e per se stesso.
Storia, scontri, eserciti si amalgamano a vicende raccontate, a trame d’amori infelici e senza scampo, alla implicita critica rivolta a chi negava, allora, la libertà di scelta negli affetti come nei pensieri. Napoleone aveva infranto l’amicizia russo-turca. Ne “Il corazziere” si parla del 1812, l’anno dell’invasione della Russia da parte dell’Armata napoleonica con le stragi e i lutti che tale evento addusse da ambo le parti. I campi di battaglia, dove i morti e feriti dell’una e dell’altra postazione confondevano le loro membra aggrovigliate senza distinzione, vengono rappresentati in toni veridici; sembra di sentire il rombo di un cannone, lo sparo d’uno schioppo, le urla dei sofferenti. Pare di vedere chi drammaticamente era derubato nel momento in cui non avrebbe potuto reagire perché aveva le ore o i minuti contati, coloro che tentavano di entrare nei luoghi abbandonati dalla gente in fuga per approvvigionare se stessi e i compagni sconvolti dalla fame e dai rigori del clima. La ritirata dei francesi, alla partenza inconsapevoli del territorio, fu drammatica; il freddo pungentissimo aveva sorpreso uomini non assuefatti a simili temperature, non equipaggiati in modo adeguato, laceri, non calzati per difendersi da gelo e neve, non nutriti a sufficienza poiché il cibo scarseggiava. Per non parlare dei saccheggi. La tattica difensiva dei russi era stata far ”terra bruciata” dinanzi all’invasore, rintanandosi più che si potesse verso l’interno: la gente abbandonava case, vettovaglie, quello che c’era, poco o tanto che fosse, per fluire verso l’ignoto.  Si respirava aria di  disperazione e morte. Nel tafferuglio di una battaglia, dopo uno strenuo inseguimento dietro ai francesi, ecco comparire nel villaggio vicino al castello di Trepol’, un misterioso corazziere, un ufficiale di stato maggiore, di stazza imponente avvolto in un ampio mantello; lo aveva gettato all’indietro per la foga della conquista. Brandendo una sciabola, impavido nelle sue colossali forme, infieriva con fendenti dappertutto e su chicchessia, con un impeto leonino. Ogni cosa rompeva, dilaniava, spaccava. Molti lo seguirono, attratti e riconfortati dalla sua attitudine al comando. Come apparve, così disparve. Tutti si chiedevano chi fosse e come fosse giunto in mezzo a quella carneficina.  Il mistero sarà chiarito alla conclusione del racconto. Le sequenze del libro sono state condotte dall’Autore come le scene di un film: sembra che si dipanino davanti agli occhi di chi scorre le righe come costituissero la proiezione di una pellicola.
Le vicende di amori infelici vennero raccontate durante alcuni momenti di calma, dopo la spossatezza che seguì il trambusto eroico dei combattimenti. La natura, il calar della sera sono orchestrate in maniera che sottolineino la psicologia dei personaggi, inclini alla malinconia e ai ricordi: la precarietà di ogni cosa si faceva sentire. Volendo sapere qualcosa di più sul castello, in cui il composito manipolo di uomini era acquartierato, si fece parlare l’economo. Si venne a conoscenza d’una vicenda pietosissima riguardante la tenera Felizia, limpida figlia del principe Glinskij, dell’amore contraccambiato con un attraente capitano, dell’allontanamento di lui. Si sposò con un ipocrita aristocratico che mirava al danaro e al patrimonio, il conte Ostrolienskij, che ebbe verso la dolce moglie un indegno comportamento, non privo di maltrattamenti finché elle ne morì. Si saprà, al termine della vicenda, che il vigoroso corazziere, disperato per il proprio sventurato amore,  era stato proprio l’unico uomo cui Felizia si sarebbe voluta unire. L’angosciante racconto di Liza e del suo insegnante Baianov, sull’onda della memoria del tenente Zarnizkij, si sviluppa con un funesto intreccio colmo di sventure, vissute nei meandri e nei recessi della parte più oscura del castello, ereditato dalla madre del tenente stesso. Fra uno sposalizio ostacolato, voli di pipistrelli nella magione avita, lacrime, urla laceranti notturne, opprimenti prigionìe, la tristezza si diffonde: i toni si fanno tetri. Una lieta sorpresa addolcirà, dopo, la pastiglia…
Marlinskij a buona ragione venne soprannominato “L’Oscuro”: il ripiegamento su se stesso, la sensibilità esasperata, l’introspezione, il dramma vengono da lui affiancati alle idee di libertà che lo indurranno a scelte spericolate, ma convinte, pur sapendo di rischiare tutto quanto la vita, all’inizio, gli aveva donato. Come Byron, Shelley, Keats o il nostro Ugo Foscolo, per i quali le passioni erano primarie, fu un personaggio pronto a qualsiasi soluzione, pur di non rinunciare al proprio credo.
(Raffaella Saponaro Bragadin Monti)

 

Presentazioni e riconoscimenti letterari

Santa Margherita Ligure (Ge) - 27 ottobre 2013 - Associazione Corallina - Spazio Aperto

 


 


 






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