Roberto Falciola: “Pier Giorgio Frassati” – Effatà editrice – Cantalupa Torino

 

Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto”
                                                                                                              Gv. 12, 20-23


Sentii parlare per la prima volta di Pier Giorgio Frassati molti anni fa in azienda. Ero appena stato trasferito a Torino e tra i miei nuovi colleghi ricordo, in particolare, un signore più anziano di me. Me lo vedo ancora dinanzi: alto, slanciato, con una testata di capelli brizzolati, un fare aristocratico e composto. Lo ricordo sempre gentile, affabile, molto riservato; di sé e della sua famiglia non raccontava quasi mai nulla. Si sapeva però che aveva attraversato i marosi in burrasca e i giorni di bonaccia della vita. Si chiamava Bruno Frassati e si sapeva anche che era parente, piuttosto stretto, della famiglia di Alfredo Frassati,  fondatore del giornale “ La Stampa” di Torino, e del figlio Pier Giorgio. E tra Bruno e Pier Giorgio Frassati io ho sempre intravisto segni forti e inconsueti di una non comune somiglianza fisica: nei tratti del viso, negli atteggiamenti, nello sguardo che si allontana verso l’altezza delle montagne. Dalle finestre del nostro ufficio, al ventesimo piano di un grattacielo,  si godevano splendidi tramonti sopra la corona distesa delle Alpi.
                Ma, a dire il vero, la mia conoscenza di Pier Giorgio Frassati era praticamente finita lì. Seguivo le informazioni della stampa; vivendo a Torino, non potevo ignorare le notizie che accompagnavano le vicende biografiche e spirituali di questo ragazzo morto a soli ventiquattro anni, lasciando eredità di vita scolpite nel tempo. Ho perso molto, ma la celebrità subalpina del nome di famiglia e il ricordo del collega Bruno, mi hanno sempre portato su strade di indifferenza se non proprio di diffidenza.
                Ora le cose sono tornate al posto giusto. A rimetterle in ordine mi ha aiutato Roberto Falciola con una biografia di Pier Giorgio edito da Effatà. Falciola, oltre a essere scrittore e redattore editoriale, è vice postulatore della causa di canonizzazione del beato Pier Giorgio e presiede l’Opera Diocesana P.G. Frassati di Torino. Il suo è un testo che coglie l’essenzialità del personaggio attraverso le opere e la coerenza del suo pensiero nella concretezza del vivere, nel sapersi proporre esempio, nel sapersi innalzare oltre il difficile e oltre lo scoramento della giovinezza. In questo ragazzo non c’è un gesto di eclatanza o straordinarietà, incide i suoi giorni nei segni quotidiani del “fare qualcosa” per vivere e non vivacchiare, come lui stesso ripeteva così frequentemente.
                Ed è bravo Roberto Falciola a proporci il suo Pier Giorgio Frassati con stile sobrio ed elegante, senza contagi agiografici o celebrative commemorazioni; ce lo racconta semplicemente dall’interno di una esistenza vissuta in un lampo che all’improvviso ha attraversato il tempo lasciando impronte di imperitura santità comune: impegno sociale, attenzione ai più deboli, sfida costante alle altezze delle montagne che amava così tanto e della vita che amava altrettanto. Vivere non vivacchiare.
                È una biografia che sarebbe piaciuta a Leon Bloy, il più burbero e insofferente tra i grandi scrittori cattolici francesi del secolo scorso. Ne avrebbe apprezzato il taglio di sintesi, il parlare di fatti e quella incredibile sensazione che anche una vita comune di un ragazzo comune può aspirare al vertice e alla totale pienezza. E poi il libro si arricchisce con una vasta documentazione iconografica e letteraria: pensieri, stralci di lettere ad amici e parenti, annotazioni di persone che hanno avuto la fortuna di incontrare e conoscere Pier Giorgio: Don Sturzo, La Pira;  su tutti, bellissimo il ricordo di Guido Piovene: ”Passava anche per un animo semplice, forse non molto intelligente; non era uno scolaro brillante, la laurea rappresentava per lui soprattutto un dovere d’obbedienza, una disciplina. Quest’immagine di Pier Giorgio, nella morte, si trasformò. Si scoprì un’altra intelligenza, ma di quelle che sfuggono all’apprezzamento del mondo, perché fin dall’infanzia si era formata e diretta in un altro senso”.
                Il mistero è racchiuso proprio in queste parole: nello straordinario delle cose comuni, nel vivere una vita che potrebbe essere la mia o la tua, fatta di cose semplici, di gesti che conosciamo e che si ripetono, ma è il modo con cui vengono fatti che fa la differenza, che scolpiscono, sprofondano nel cuore e sanno elevarsi al cielo: vivere non vivacchiare.
                Tutto ciò lo ha capito Roberto Falciola nel raccontarci il suo Frassati: nelle relazioni, nelle passioni, nei progetti che ci ha lasciato intatti perché morire a soli ventiquattro anni può trasformarsi in un grandioso progetto di vita futura per tutti noi che sappiamo leggerlo e raccoglierlo.
                Il libro,  che in aggiunta contiene un  DVD con documenti e un contributo dello stesso Autore, io l’ho voluto regalare agli amici più cari con cui condivido sentimenti e quotidiano cammino di affetti. Ne ho riscontrato segni di profonda gratitudine.


(Commento critico a cura di Pier Luigi Coda)