Marino Muratore: “La ragazza metà bianca e metà nera” – Effatà editrice, 2022

 

Nei racconti di Marino Muratore che conosco c’è sempre un respiro costante di leggerezza. Una luce soffusa che illumina e rischiara le zone d’ombra dell’esistenza. Così nella Scuola degli asini, così nella Signora stordita e così anche ne La ragazza metà bianca e metà nera. Le zone d’ombra: la supponenza, la violenza, la prevaricazione, il razzismo, la malvagità, la chiusura al mondo dei sogni. Il sentirsi ovunque e comunque degli estranei; estranei nella società e anche estranei a se stessi. Marino Muratore naviga in mezzo alle onde di queste zone d’ombre, probabilmente come si suoi antenati di Diano Marina navigavano nelle tempeste degli oceani di Capo Horn, con la tranquillità e la fiducia che anche il mare, alla fine, si sarebbe placato nel riverbero di un rasserenante raggio di sole.

Ecco, non posso fare a meno di pensare al Quarto atto della Tempesta di Shakespeare, quando Prospero afferma: “Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni e nel tempo di un sogno è racchiusa la nostra breve vita.”

È questo, a mio avviso, il segreto magico che avvolge gli scritti di Marino Muratore: costruire un sogno, avere una fiduciosa ostinazione che ciascuno di noi può farcela, non importa quale muro ci sia di fronte e non importa chi lo abbia edificato; ci vorrà impegno e fatica ma si può sempre provare e, magari, riuscire ad abbatterlo. Senza mai deprimerci o cedere allo sconforto con la coscienza di affrontare una impresa grande, talvolta anche dolorosa e misteriosamente solenne. Forse è solo una questione di cultura, forse di pregiudizi, forse, come già detto, di arroganza e supponenza. Forse, ancora e peggio di tutto, d’indifferenza.

L’impegno e la passione sociale di Marino Muratore è ammirevole; la sua biografia parla chiaro, il suo percorso ha attraversato e attraversa i sentieri della disabilità, dell’ ecologia, della convivenza fra i popoli, dei diritti dei più deboli, dell’inclusione dello straniero e del diverso. I suoi scritti tracciano il solco per un mondo migliore e più giusto non artefatto di parole ma di vita spesa e affrontata con le proprie mani e con lo sguardo in alto senza tentennamenti.

Derio Olivero nel suo Il gusto della vita (Effatà ed) scrive:”Solo chi ha una buona causa osa rischiare. Da soli, guardando a noi stessi,ai nostri interessi, non rischieremmo mai. Solo un ideale, un amore, una lotta possono farci affrontare le paure senza restarne imbrigliati. Solo allora il nostro cuore batte per altri più che per noi”. E ancora:” Tutti noi possiamo lavorare per migliorare il mondo. Bella una giornata iniziata con la certezza che sto lavorando per rendere più bello il mondo. So di non cambiare il mondo, ma di poter cambiare qualcosa del piccolo mondo che abito. Lavorare per rendere più bello il mondo è una stella davvero luminosa.

Per me qui dentro c’è tutto Marino Muratore e La ragazza metà bianca e metà nera è l’ultima conferma del suo modo di intendere la vita e fare letteratura, di mettersi in gioco e rischiare in prima persona per dare segnali autentici e veri; non sono le chiacchiere nei salotti che possono migliorare e cambiare le cose, ma prendendo lo zaino in spalla e mettendosi in cammino per toccare la realtà con i propri occhi e non attraverso gli occhiali da sole.

In sé l’affabulazione de La ragazza metà bianca e metà nera è una semplice storia di affido all’incontrario; una ragazzina italiana che con i genitori visita la Costa d’Avorio. A causa di un incidente d’auto i genitori sono ospedalizzati e, durante la loro degenza, la ragazza viene ospitata da una famiglia di un remoto villaggio dell’Africa. L’impatto con la nuova realtà, i nuovi costumi, la nuova cucina, i nuovi amici non è certamente facile, anzi…  Ma poi si scopre che c’è sempre e ovunque musica e amore e, lassù, un bellissimo cielo stellato.

Insieme alla protagonista, pagina dopo pagina, il lettore è accompagnato in un viaggio di conoscenza degli usi e costumi della Costa d’Avorio dove s’intrecciano umanità, affetti e tradizioni. Un racconto che merita di essere letto da adulti e ragazzi e che, grazie alle schede didattiche e di animazione, può essere utilizzato  dagli insegnanti per l’attività scolastica o per laboratori di approfondimento culturale.

Pier Luigi Coda

 

 

Marino Muratore: "La Signora Stordita" - Erga - Genova
Illustrazioni di Martina Muratore

C’è qualcosa di elegante e di “magico” nei racconti per i ragazzi di Marino Muratore. La magia della semplicità, l’eleganza dell’immediatezza. La magia e l’eleganza del prestigiatore che con estrema naturalezza sottrae l’orologio o il portafogli allo spettatore senza che questi se ne accorga, oppure si trasforma in un batter d’occhio: ora lo vedi tranquillamente sul palco e in un attimo lo ritrovi incatenato dentro una cassapanca. Sorpresa e incanto affascinano bambini, ragazzi e adulti.

Ho conosciuto la scrittura di Marino Muratore leggendo la sua “Scuola degli asini” e mi ero già stupito della semplicità e della linearità letteraria con cui riveste la profondità etica e culturale  del suo pensiero narrativo, rinfrancato da una convinta, (direi necessaria), consapevolezza che il mestiere di scrittore per ragazzi è lavoro arduo, impegnativo, spesso molto faticoso.

Ora, nella “Signora Stordita” ritrovo lo stesso stile e lo stesso misterioso incantamento. Il racconto  è di immediata leggibilità, la storia divertente e attenta: una signora pasticciona che si spaccia per ottima cuoca ma in cucina combina disastri, si spaccia per  sapiente meccanico ma distrugge la vettura che doveva riparare, millanta competenze da bibliotecaria ma scompagina le catalogazioni. Una buona a nulla, una impedita, insomma. Ma ecco che la bacchetta magica di Marino Muratore ribalta il racconto, la signora sa raccontare benissimo le favole ai ragazzi. La sua unica dote è la dote più importante e necessaria, sapere educare e trasmettere cultura ai giovani. Nella società moderna è un compito prioritario che spesso viene sottovalutato, la formazione dei giovani viene talvolta messa sullo sfondo di altre discutibili priorità che la marginalizzano e la sfocano.

Tutto questo Marino Muratore nella sua attività di scrittore, oltre che bibliotecario della DeAmicis, lo sa benissimo e ce lo trasmette come sa fare lui. Con tratti delicati e un sorriso delicato, come quando inserisce nel racconto la figura storica di Marino Cassini, per anni illuminato bibliotecario della stessa DeAmicis di cui io stesso ho avuto la fortuna di conoscere  e apprezzare la sua dedizione, anzi, missione culturale a favore dei ragazzi.  

Credo che Marino Muratore, mentre immaginava “La Signora Stordita”, avesse la certezza di avventurarsi in un racconto importante, si percepisce l’impegno, (forse la responsabilità), e non a caso ha voluto scriverlo bilingue, anche in spagnolo. Condivido perfettamente la scelta: lo spagnolo è una delle lingue più parlate e conosciute del pianeta e questo assicurerà una platea di lettori molto più vasta di quella che avrebbe avuto limitandosi a scriverlo nella sola lingua italiana. A tal fine non è neppure trascurabile l’apporto grafico della figlia Martina che con deliziose illustrazioni accompagna con vivacità e una sorta di irriverente malizia le pagine del racconto.

A sottolineare la rilevanza del libro (editato dalla Erga edizioni di Genova) contribuiscono anche le  prefazioni del Console Generale  dell’Ecuador a Genova, Martha Fierro,  del Console Generale del Perù di Genova, Alejandro Ugarte e del giornalista peruviano César Ochoa Chàvez, mentre la traduzione del testo in spagnolo è stata affidata all’ecuadoregno Gerardo Alcìvar Véliz.

Completa la fiaba un’appendice di luoghi, specialità culinarie e  danze folkloristiche  italiane, ecuadoregne e peruviane con uno spazio finale lasciato ai ragazzi per raccontare la propria personale storia.

Pier Luigi Coda

 

 

Marino Muratore: "La scuola degli asini" - De Ferrari - Genova
Illustrazioni di Anna Luraschi

Vi sono  impalpabili filamenti, misteriosi e sotterranei intrecci che palpitano nell’Universo,  catturano il mistero della Natura e battono nel cuore. C’è amore e protervia, tenerezza e arroganza; un indecifrabile rapporto che costruisce legami, affetti, purtroppo, molte volte, violenze. È così tra gli uomini e le donne, così tra gli animali, così nel rapporto tra uomini e animali. Ho conosciuto un cavallo che non voleva uscire dalla sua stalla se non in compagnia di una capretta, ho visto gattini giocare  sul collo di un cane lupo, animali feroci addolcirsi assistendo cuccioli altrui. Certo, domani una gazzella dovrà sempre correre più veloce del leone, la balena bianca dovrà sempre sfuggire all’arpione del capitan Achab, e non so se le ali variopinte della farfalla sapranno sottrarsi allo spillo dell’entomologo.

Di tutto ciò l’asino, forse, rappresenta il timbro più emblematico; paziente, docile, sostanzialmente buono, è il simbolico esempio di una società umile e schiacciata da cui spesso fioriscono luminosi segnali di vita.

In questa cornice s’incastona il recente libro per ragazzi “La scuola degli asini” scritto da Marino Muratore per promuovere i diritti dei bambini UNICEF, pubblicato da De Ferrari di Genova e illustrato con simpatia da Anna Luraschi. È un racconto che s’inquadra dentro la tela di una prosa essenziale e limpida, direi quasi che abbia una strana analogia con le opere di Mondrian dove le geometrie incidono con precisione e  immediatezza nella filigrana cromatica del pensiero artistico e letterario. Sono storie di asini che provengono da geografie lontane e diverse e che, per una curiosa alchimia del destino, si ritrovano in una scuola della Corsica a raccontarsi le loro vicende. Ciascuno porta su di sé il fardello della propria esistenza e delle proprie esperienze. Chi arriva dal Tibet, chi dalla Gaugazia, chi dalla Spagna, chi, più vicino a noi, da Moncalieri o dai confini tra Liguria e Piemonte. Per lo più sono storie di sfruttamento e protervie, oppure di chi, come l’asinello Lucio, riesce miracolosamente a sottrarsi al banco del macellaio sottoponendosi ad una rigorosa dieta dimagrante. Spesso, dopo una generosa vita di fatiche e di lavoro, gli asini vengono abbandonati o destinati a trasformarsi in bistecche e salamini. Per fortuna c’è anche chi si prende cura di loro e li ospita amorevolmente in fattorie accoglienti e confortevoli. Non dimentichiamo che solo all’inizio di questo secolo, in Occidente, l’asino rischiava l’estinzione e solo grazie alla meritevole attività di molte fattorie che si sono prodigate per  proteggerlo questo pericolo sembra ormai  scongiurato.

Con geniale intuizione narrativa, Marino Muratore costruisce un racconto speculare; dietro le storie degli asini, si affacciano sullo sfondo, come in uno specchio, le immagini dei padroni; ora arroganti e crudeli, ora teneri e comprensivi;  tutti ruotano nell’affresco composito  di una società che, nonostante le difficoltà e i retaggi ancestrali, cerca sempre uno spiraglio di luce cui tendere e approdare con fiduciosa aspettativa, magari “ascoltando il suono delle campane tibetane”.

“La scuola degli asini” è di certo un racconto destinato ai ragazzi e, opportunamente, in appendice sono riportati gli estratti delle “Carte dei diritti” che riguardano i bambini e gli animali. Tuttavia io credo che anche gli adulti potranno scoprire una lettura piacevole e incisiva e avranno l’occasione  per riflettere o riscoprire un viaggio radicato nella storia dei tempi in compagnia di un animale che ha contribuito, con la sua silenziosa e paziente fatica, allo sviluppo economico e sociale  dell’umanità. Oggi Marino Muratore, con il suo coinvolgente talento narrativo, ce lo riconsegna, anzi, ce lo affida intatto alla nostra curiosità e alla nostra memoria.

Pier Luigi Coda.