Georges Simenon: "La camera azzurra" - Adelphi

 

“Ti ho fatto male?”.
“No”.
“Ce l’hai con me?”.
“No”.
“Tua moglie ti chiederà spiegazioni?”.
“Non credo”.
“Ma a volte qualche domanda te la fa, no?”.

“Hai una bella schiena.”

Una conversazione scarna, condita da poche altre battute e un romanzo splendido che ossessivamente gira intorno a questo dialogo avvenuto un due agosto nella camera azzurra di un piccolo albergo a Triant, Francia, Hôtel des Voyageurs.

“Mi ami, Tony?”.
“Penso di sì…”.
“Ne sei sicuro?”.

Un dialogo che sarà passato al setaccio da giudici, avvocati e psicologi, per arrivare alla verità, per scoprire chi è colpevole e di quale delitto. Eh sì… perché George Simenon non ci dice neanche quello, non sappiamo quale delitto sia stato commesso, tutto ciò che sappiamo è che Tony aveva una appassionata relazione con Andrée, che lei lo adorava e che lui quando era con lei non si curava di nient’altro, le rispondeva a monosillabi, dando l’impressione di concordare con l’amante e beandosi invece solo di se stesso, delle sensazioni che il corpo gli rimandava all’interno di quella camera azzurra.

“Ti piacerebbe passare con me il resto della tua vita?”.

“La camera azzurra” non è un giallo classico, non è il solito Simenon, non c’è Maigret e non c’è al centro del racconto un investigatore a condurre le indagini, ma l’autore ci fa fare un viaggio a partire dalla mente dell’imputato, dalle sue sensazioni e da quel dialogo. A ritroso scopriamo dove viveva Tony Falcone, cosa faceva nella vita al di fuori da quella stanza, quale delitto è stato commesso e perché. È un viaggio tortuoso, con continui riferimenti a quella scena d’apertura che diventano pian piano sempre più soffocanti, per Tony ma anche per il lettore che si trova a domandarsi cosa sia successo fino alle ultime pagine.

Forse non sarà amato dai cultori del giallo in senso stretto ma per me, che sono una lettrice di romanzi non di genere, è un piccolo capolavoro.

(Commento di Viviana Albanese)