PESCI ROSSI, PESCI AZZURRI

(Effatà Editrice - Cantalupa Torino)

Illustrazioni di ANTONIO VINCENTI

IL TESTO

Se Gulliver’s Travels di Jonathan Swift mi ha offerto lo spunto per un tratteggio della società e dei suoi comportamenti maniacali, è stata una poesia di Stephen Spender ad accompagnarmi per tutto il sentiero tematico del racconto. La poesia s’intitola The unemployed, (I disoccupati), e la propongo per intero:

Moving through the silent crowd
Who stand behind dull cigarettes,
These men who idle in the road,
I have the sense of falling light.

They lounge at corners of the street
And greet friends with a shrug of shoulder
And turn their empty pockets out,
The cynical gestures of the poor

Now they,ve no work, like better men
Who sit at desks and take much pay
They sleep long nights and rise at ten
To watch the hours that drain away.

I’m jealous of the weeping hours
They stare through with such hungry eyes
I’m haunted by these images,
I’m haunted by their emptiness.

 

 

 

Molto bella vero? Io provo a tradurla lavorando più sulle profondità del sentire che delle parole, più sulle emozioni delle immagini e della sonorità del verso che della puntualità letteraria.


Quando attraverso la folla silenziosa
Che vagola nascosta tra mozziconi spenti,
Tra questi bighelloni in ozio per le strade
Dentro di me ho il senso della luce che cade.

Si appoggiano al ciglio delle strade
E salutano gli amici scrollando le spalle,
Poi rovesciano le loro tasche vuote
Nella gestualità cinica dei poveri.

Non li aspetta un lavoro, come la bella gente
Che siede ben pagata dietro una scrivania,
Dormono lunghe notti e s’alzano alle dieci
Fissando l’ora che sgocciola nel tempo.

Sono geloso di quelle ore di pianto
Di sguardi attoniti con gli occhi della fame;
E queste immagini m’assediano,
Mi assedia il nulla che c’è in loro.
Ecco, il senso della luce che cade è l’atmosfera che ho cercato di esprimere nella stesura di Pesci rossi, pesci azzurri. La dicotomia tra la bella gente di una società opulenta e arroccata nella propria pigrizia intellettuale e le moltitudini che si appoggiano al ciglio delle strade rovesciando le loro tasche vuote. E così sono nati i ritratti che ogni giorno abbiamo sotto gli occhi quando camminiamo per le strade delle città occidentali.
Spifferino, l’ambizioso e petulante giornalista costantemente alla ricerca dello scoop ad ogni costo, Gionata, il giovane alternativo dal cuore grande e dalle grandi incertezze esistenziali, la signora Rossella sempre in apprensione per le sorti dei figli che snobbano l’“impiego sicuro in banca”, Platone, l’intellettuale illuminato che invidia la libertà degli uccelli ignorando che anche nei cieli il cuculo attenta al nido del passero.
Poi la folla: diffidente, dubbiosa, ostile ai mutamenti sociali, preoccupata di perdere la propria sicurezza, la partita allo stadio, la propria identità etnica
D’altro lato i pesci azzurri, gli invasori, coloro che insidiano le strutture consolidate del benessere, che si arrabattano vendendo cianfrusaglie e cappellini ai cancelli degli stadi, che si affacciano laceri e affamati dal ciglio delle strade e rovesciano le tasche vuote.
Gli immigrati, i clandestini: Turkese, il papà che ha perso il posto di lavoro nella sua nazione di origine, il piccolo Blues che non sa più giocare e intona struggenti melodie col flauto di pan.
È facile allora che, in mezzo a queste contraddizioni, spuntino gli arrivismi e i piccoli, mediocri opportunismi di una società indolente, troppo pigra per interrogarsi e per sforzarsi di capire le grandi evoluzioni della storia.
A volte però, come nelle favole, succedono fatti strani e improvvisi, e allora…








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